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Volume 22 XXII Concorso 1996. La conferenza mondiale Habitat II. Problemi e soluzioni per gli insediamenti umani del XXI Secolo, presentazione di Corrado Beguinot, saggio introduttivo di Loredana Stàlteri, Giannini, Napoli 1998.

Volume XXII – XXII Concorso 1996. La conferenza mondiale Habitat II. Problemi e soluzioni per gli insediamenti umani del XXI Secolo, presentazione di Corrado Beguinot, saggio introduttivo di Loredana Stàlteri, Giannini, Napoli 1998.

Il tema proposto dalla Fondazione all’attenzione degli studiosi di urbanistica per il ventiduesimo Concorso Nazionale scaturì sostanzialmente da due considerazioni ampiamente condivise sia dai collaboratori della Fondazione che dai componenti del suo Consiglio di Amministrazione.
Da un canto, ci si rendeva conto che le teorie e le metodologie urbanistiche classiche non riuscivano più a misurarsi con i problemi posti dalla globalizzazione dei mercati, dalle nuove tecnologie info-telematiche e dalla spinta di accelerazione dei fattori di sviluppo. La cultura urbanistica doveva ormai ragionare ed acquisire una sensibilità a scala mondiale.
Dall’altro, questo stato di cose, imponeva un ripensamento dello stesso ruolo da attribuire alle attività della Fondazione; la sensazione era quella che stesse per tramontare un’epoca operativa: quella del concorso biennale che forse non avrebbe più potuto trovare temi nuovi, così validi ed universali da proporre all’attenzione degli studiosi a scadenze tanto ravvicinate. Probabilmente, in futuro, si sarebbero dovuti allungare i tempi fra un concorso e l’altro, proponendo, nel mezzo, alcuni temi più specifici e puntuali da far sviluppare su commissione a determinati specialisti di settore.

Le due considerazioni in nuce, vennero affrontate in seno al Consiglio di Amministrazione quando si trattó di definire la scelta del tema per questo Concorso ed il dibattito che ne seguì portò inevitabilmente ad Istanbul.

Già da anni la Fondazione aveva partecipato ad operazioni tese ad allargare l’orizzonte urbanistico; in particolare, si era inserita nei lavori per la redazione e l’analisi dei principi che avrebbero portato alla redazione della Carta di Megaride del 94: sintesi logica del cammino compiuto dall’urbanistica dalla Carta di Atene fino ai nostri giorni, passando per la Carta di Machu Picchu e la Dichiarazione di Rio. Era logico, quindi, che la Fondazione avesse seguito, con enorme attenzione, i lavori ed i dibattiti alimentati dalla Second World Conference on Human Settlement (Habitat II) di Istanbul, conclusasi appena pochi giorni prima della scelta del tema per il ventiduesimo bando di concorso.

Venti anni erano trascorsi dalla prima conferenza mondiale sull’Habitat di Montreal e, nel frattempo, i vari congressi organizzati dalle Nazioni Unite avevano fornito ai singoli paesi proposte e programmi – molto spesso inascoltati – per una valida azione tesa ad indirizzare lo sviluppo sociale, economico ed ambientale del pianeta.
Dalla Conference on Education for All (Jomtien 1990) al World Summit for Children (New York, 1990), dalla U.N. Conference on Environment and Development (Rio de Janeiro, 1994) alla International Conference on Population and Development (Cairo, 1994), dal World Summit on Social Development (Copenhagen, 1995) alla Fourth World Conference on Women (Beijng, 1995), tutti questi eventi di portata mondiale degli anni novanta – che a loro volta avevano recepito e divulgato a livello planetario il portato del percorso culturale precedentemente compiuto – avevano preparato la strada per una presa di coscienza collettiva verso Istanbul e la Conferenza mondiale Habitat II.

A Montreal, con Habitat I, era stato dato l’avvio ad un processo di condivisione dei saperi, di cui Istanbul costituiva l’arrivo. I venti anni trascorsi, l’acquisizione e la catalogazione operativa di una imponente mole di conoscenze scientifiche, potevano essere considerati il presupposto conoscitivo sul quale tendere ad imbastire un discorso comune. La sfida, quella vera, per l’urbanistica della città del terzo millennio, della città bella, comoda, vivibile, umana e dallo sviluppo sostenibile era stata lanciata. Razza, lingua, religione, diritti umani lesi, libertà democratiche frustrate e sinergie fra tematiche politiche, sociali, economiche, ambientali, culturali e demografiche – temi fondamentali legati alla possibilità di un miglioramento costante della progettualità urbana – erano state oggetto di un’attenta indagine e costituivano ormai una acquisizione fondamentale e condivisa da cui erano scaturiti i punti programmatici della futura azione mondiale, formalmente riconosciuta dalla collettività nel corso di Habitat 1996. La parola, anzi, l’azione, passava ora alla volontà politica di ciascun Paese.

Al mondo della cultura era demandata la traduzione ad uso dei politici e degli amministratori locali dei principi e degli obiettivi concordati ad Istanbul per avviare una nuova stagione di pratica operativa sul territorio più rispettosa dell’ambiente di quanto non fosse avvenuto nel passato.
I principi, anche se solennemente affermati dai rappresentanti dei governi nelle assisi mondiali, richiedono tempo, fatica, costanza ed anche testardaggine nella ricerca del consenso da parte dei soggetti non governativi (ed anche da parte degli stessi bracci operativi interni ai governi); essi devono essere spiegati, poi lentamente assimilati ed infine pienamente recepiti.
La Conferenza di Istanbul li aveva espressi. Ora occorreva dedicarvisi per farli emergere, renderli di pubblico dominio ed inserirli all’interno del codice genetico dell’urbanistica e di tutte le professionalità che, con questa, dovevano confrontarsi e collaborare.

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